L'UTE-TEL-B, DELIA POLIS www.deliapress.it rendono omaggio a AGOSTINO SIVIGLIA GRANDE GRECO-CALABRO

07.02.2016 21:09

Agostino Siviglia

di Filippo Violi

Agostino Siviglia è nato a Roghudi il 1934. Questa notte, 7 febbraio 2016 ci lasciati, rendendoci ancora più orfani.  Fratello grecanico, amante della lingua e poeta, è stato sempre vicino a noi. Alcune sue poesie sono state pubblicate in varie riviste. Ha partecipato ai premi di poesia “Nosside”, “Jalò tu Vùa” e “Delia”.  Ha collaborato con Filippo Violi alle pubblicazioni Le radici della nostra cultura e Tradizioni popolari greco-calabre. Prezioso riferimento per quanti nell’area grecanica intendevano dedicarsi alla cura e conservazione di questo immenso patrimonio, al pari di tanti ellenofoni di Calabria, Agostino ha percorso i confini geografici della sua “transumanza” dentro le limitate balze dell’area grecanica. Da Chorìo a Bova il passo è stato breve, attraverso le faticate vie dell’Aspromonte, sempre però nel mondo accerchiato della stessa area. Ma il nuovo paese ha dispensato speranze diverse. E qui il nostro autore ha costruito la sua vita con lo sguardo rivolto però sempre al luogo natìo. Qui lo ha colto un grande dolore: la morte dell’adorata consorte con la quale aveva tanto combattuto, sofferto, lavorato e sperato. In Agostino era riconoscibile l’archetipa fierezza per le proprie radici e la consapevolezza di appartenere ad una cultura che ha lasciato in questo mondo i segni indelebili della sua profonda civiltà. Per Agostino scrivere significava liberare i propri sentimenti e il tentativo di ricerca di un equilibrio interiore, di una identità che rispecchiava più fedelmente la propria personalità di uomo che tendeva al fatto poetico come a un naturale incontro del suo animo con la poesia.

In un groviglio ostinato di sentimenti, la poesia di Agostino  ha registrato i motivi tematici cari a tutti gli ellenofoni di Calabria: l'amore per la lingua, l'amore e la nostalgia per il paese, l'amore per una donna, il ricordo struggente della madre morta. Figlio di questa terra, ombelicalmente legato, per le sue vicissitudini, all'intero microcosmo grecanico, Agostino si è rivelato come uno dei tanti personaggi chiave di questo mondo. La sua poesia si muoveva sul doppio binario del passato e di un futuro ormai incerto per la sopravvivenza della lingua, rivelando, a tratti, rimpianti d'amore mai sopiti. Nella sua parola quasi mai spuntava il sorriso, era una parola asciutta ed essenziale che non indulgeva a sentenza morale. Tra i primi a fare parte del circolo  «La Jonica», il Centro dei Greci di Calabria, di cui sarà anche presidente,  Agostino Siviglia si era riappropriato ben presto della sua identità culturale.

I materiali narrativi di Agostino Siviglia denunciavano una sensibilità lirica che è raro trovare tra i poeti grecanici. Come quasi tutti gli ellenofoni di Calabria egli componeva e cantava le sue liriche. Più accorata, più calda - ma non molto diversa dalla poesia di Angelo Maisano al quale egli si accompagnava spesso - la sua lirica era dominata interamente dai sentimenti familiari e dalle tristi vicissitudini personali. Semplici e brevi abbandoni quelli che lo vedovano indugiare sul dramma personale, perchè egli sapeva che nella Calabria greca il dolore era dolore di tutti, così come la morte e la gioia erano condivise da tutta la comunità. La sua poesia è stata prima di tutto frutto del vissuto biografico, legato ombelicalmente ai sogni che ad esso si accompagnavano: il riscatto sociale, la sofferenza per una lingua che muore, il ricordo di un paese perduto che, senza aver potuto redimere la sua fatica, si è infine alleato con le forze della natura per risospingerlo in altri luoghi sempre della sua Calabria greca.

Solo una lettura superficiale della  poesia di Agostino Siviglia può limitarne il giudizio e risospingerla verso un provincialismo deteriore. Il richiamo alle origini e alle radici si esprime in un concentrato di umanità che viene espresso con un lessico che potrebbe sembrare semplice ma è invece essenziale , denudato da orpelli, sia quando presume, sia quando si piega sui sentimenti. La sua lirica è  stata una scheggia sanguinante di questa vita paesana, di una terra e di una lingua che non conosce superfici levigate, nè moduli linguistici curati.

             

 

LA CRITICA

 

Le poesie di Agostino Siviglia sono state raccolte in F. VIOLI, I Nuovi Testi Neogreci di Calabria, Vol. II, ed. Iiriti, Reggio Calabria, 2005, un volume antologico che comprende tutti gli autori grecanici di Bova e Roghudi. Qualche lirica era già rintracciabile in F. Violi, Anastasi, canti politici e sociali dei Greci di Calabria, C.S.E. Bova M.,1990; in C. Nikas, Zwéntev Ellhnoéfwnoi poihétev tiv Kalabriéav, «Italoellhnikaé», (vol.III), I.U.O., Napoli, 1990.

Altre  notizie biografiche sull’autore possono essere ricercate in F. VIOLI, Storia e Letteratura Greca di Calabria, Rexodes Magna Grecia, Reggio Calabria, 2001, pp.313-314; NIKAS C.,  Lingua e letteratura degli ellenofoni di Calabria,  «Italoellhnikaé», Rivista di cultura greco-moderna, Istituto degli Studi di Napoli “L’Orientale”, VII, Napoli 1999-2000; F. Violi, Agostino Siviglia, Quaderni di Cultura Grecocalabra, IRSSEC, Bova Marina 2003, n.8; F. Violi, Agostino Siviglia, in «I Fonì Dikìma»>> e «I Fonì tu Richudìu».